Terre d'Europa

Svizzera Slow
Il gioco geometrico dei treni

Testo e foto: Paolo Gianfelici



 Davanti al grande plastico della ferrovia dell’Albula, al Museo di Bergün, e lungo i binari dalla stazione di Preda, l’emozione di un gioco insolito, tra la realtà e la fantasia

Bergün (TidPress) – Questa cittadina dei Grigioni è il luogo ideale, scesi dal Bernina Express dopo aver attraversato l’Alta Engadina su un vagone panoramico, per proseguire a piedi il “Gioco dei treni”.
Fuori dalla stazione si ammira un bellissimo “esemplare” di Coccodrillo, la famosa locomotiva a trazione elettrica prodotta a partire dal 1921, così innovativa che il modello è stato utilizzato dalla Ferrovia Retica fino a venti anni fa. Il Coccodrillo è disteso su un segmento di rotaia fatto costruire appositamente per lui, in posa accanto al marciapiede della strada principale di Bergün, slanciato, elegante, con il pantografo anteriore alzato, pronto a sfrecciare in avanti all’improvviso. E’ il simbolo della vocazione turistico-ferroviaria di questa località, famosa per lo sci e le discese in slittino d’inverno, il trekking tra le montagne d’estate.

Le vetture panoramiche del Glacier Express scorrono veloci e silenziose. Dopo qualche minuto transitano in senso inverso i vagoni rossi delle Ferrovie Retiche e poi un lungo merci carico di tronchi d’albero. In alto, sopra la valle ed i tetti delle case massicce di Bergün, prosegue il via vai gioioso dei treni che attraversano prati verde pastello. E’ uno spaccato tipico del panorama dei Grigioni. Come le montagne innevate, i boschi d’abete, i fiumi impetuosi, la bandiera grigio-bianca del Cantone.

Il Coccodrillo a Bergün

Treni a Bergün

Il “Gioco dei treni” prosegue tra realtà e fantasia, lavoro e divertimento, davanti al grande plastico del museo locale che riproduce la tratta Bergün-Preda della ferrovia dell’Albula. Inseguo da un capo all’aItro delle sale i modellini dei treni in movimento che affrontano il dislivello tra le due stazioni con la normale trazione, senza cremagliera. La strada ferrata, per evitare di superare la pendenza massima consentita del 7%, passa sopra spettacolari viadotti e dentro gallerie elicoidali. Paesaggio naturale e infrastrutture costruite dall’uomo si esaltano reciprocamente.
La tentazione di proseguire il “Gioco” dal vivo è grande. Corro alla stazione e prendo (senza aspettare troppo) il primo treno per Preda.

Dalla fermata di Preda parte una strada di campagna, parallela al binario a scartamento ridotto.
D’ un tratto le casette con giardino, dove abitavano una volta le famiglie dei ferrovieri ,scompaiono. Proseguo su un sentiero strettissimo che si arrampica sulle montagne. Più salgo e più l’ammirazione per l’opera d’ingegneria cresce.
Quando iniziò la costruzione della ferrovia dell’Albula, il traforo del San Gottardo era già in funzione da venti anni. Aveva suscitato critiche feroci: un pugno nell’occhio per gli appassionati della montagna, per non parlare dei giudizi tecnici negativi. La ferrovia dell’Albula, invece, fu subito accolta positivamente da tutti, ingegneri ed amici della natura ed anche oggi l’approvazione è generale. Perchè? Un primo motivo è di carattere estetico. Guardando la pietra dei viadotti si osserva che con gli anni ha acquistato lo stesso colore e la stessa struttura della roccia sullo sfondo. Ma la ragione principale sta nella “filosofia” ecologista dei tecnici che l’hanno progettata ed eseguita.
Il pericolo maggiore per la sicurezza della linea sono le valanghe. Gli ingegneri hanno costruito degli argini di deviazione che canalizzano le slavine verso le gallerie para-valanghe con le volte massicce come quelle di una fortezza. Protetti dai muri delle terrazze sono cresciuti nuovi boschi che a loro volta proteggono dalle slavine i tratti scoperti e panoramici della ferrovia. Il ragionamento dei progettisti è stato questo: “se l’uomo protegge la natura,la natura proteggerà l’opera dell’uomo”.

Mi apposto all’uscita della galleria elicoidale per fotografare il treno che passa sul viadotto. Il rumore del convoglio arriva dal fondo del tunnel molto tempo prima che compaia il treno. E’ un suono uniforme, ovattato, in lento avvicinamento. Finalmente sbuca la locomotiva bianca con la pubblicità dei pomodori della Coop, seguita dai vagoni rossi. Quando sono usciti tutti, compreso un carro merci agganciato per ultimo, la motrice si infila pigra in una seconda galleria elicoidale, da cui esce per entrare come in una spirale in una terza galleria identica, sotto la precedente.
Devo aprire bene gli occhi per credere che è una opera vera di ingegneria ferroviaria costruita sulle Alpi svizzere. Sembra piuttosto una costruzione su scala per il plastico di un appassionato di modellismo. Se avessi a disposizione una macchina sulla vicinissima strada nazionale Preda-Bergün, potrei facilmente inseguire il treno appena sbucato, superarlo e godermi la ripetizione dello spettacolo di prima.

Sono anche incuriosito dal ponte e scendo fino a toccare la corrente veloce dell’Albula. Visto da sotto il viadotto ha un aspetto completamente diverso. Sembra più una scultura che un’architettura. Dall’alto si mimetizza tra i boschi e la roccia. Dal basso i piloni e le arcate sono sculture a sé stanti, separate, sullo sfondo di frammenti di cielo, dall’acqua spumosa del fiume. Sono circondate da una natura selvaggia da cui vogliono distinguersi per esprimere la propria forte identità artistica .

La ferrovia dell’Albula

Viadotto sull’Albula

Il percorso verso Bergün prosegue a piedi in salita su un passaggio traballante costruito con tronchi d’albero. Alcuni pannelli raccontano la storia della costruzione della ferrovia dell’Albula. Si lavorava 24 ore su 24. Un grosso problema era quello di garantire ricambi di vestiti asciutti agli operai che altrimenti si sarebbero ammalati presto, specialmente durante l’inverno. Un’armata di lavoratori arrivò dal Nord Italia con le famiglie al seguito, guidati dal capomastro e da una persona di fiducia del parroco o del sindaco del paese di origine. Capo supremo l’ingegnere tedesco Friederich Hennings, il quale oltre ad essere un costruttore esperto di ferrovie, doveva conoscere molto bene, anche se proveniva dalle grandi pianure del Nord della Germania, la geometria applicata ai terreni di montagna.

Prima di discendere a Bergün, lancio ancora uno sguardo verso Preda. E’ incredibile che i treni della Retica riescano a salire di quattrocento metri in soli sei chilometri su un terreno simile. Non perché questo sia tecnicamente impossibile, ma perché tra i pendii non c’è spazio per i tornanti e le curve della ferrovia. Inoltre bisogna evitare i canali delle valanghe. Tutti i calcoli sono stati determinati dalla geometria. Tutto misurato al millimetro. Del resto anche adesso, dopo cento anni, il tracciato sembra fatto fresco con il compasso.

Info:
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Bergün Filisur Tourismus
www.berguen.ch

08.08.2010

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